Speak as you eat

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Fare la spesa in Texas, ovvero riuscire ad arrivare alla cassa evitando:
frutta coloratissima, ma totalmente insapore
verdura che non va a male nemmeno se la ignori per settimane nell’angolo più remoto del frigorifero
carne venuta su a ormoni e additivi di dubbia origine
– cibi con l’aspetto di un cubo perfetto che, in 3 minuti di microonde, diventano un arrosto, o un pollo allo spiedo, o un piatto di noodles, o delle tagliatelle al sugo di pesce.

Ci abbiamo messo un po’, a trovare il supermercato perfetto. Abbiamo iniziato studiando le corsie modeste di Walmart, con la sua umanità un po’ malandata, che ci ha ricordato la LIDL o l’IN’s di periferia. Poi ci siamo fatti venire i brividi da Whole Foods e Central Market, dove abbiamo potuto regalarci collier di scaglie di grana e foulard in culatello. Poi è stata la volta di Costco, dove entri per comprare quattro cose e in effetti ne compri quattro, ma sono confezioni da centocinquanta pezzi l’una, quindi alla fine quando leggi lo scontrino non capisci come hai fatto a spendere 300 dollari, ma tant’è, li hai spesi.

Alla fine abbiamo trovato il posto perfetto per noi, la nostra Esselunga. Si chiama H-E-B (eich i bi, ma noi ci ostiniamo a chiamarla acca e bi) ed è il paradiso tutto texano di chi vuole mangiare biologico senza spendere una fortuna. Sì, è vero, la mozzarella ha il sapore e la consistenza della gomma per cancellare e i pomodori sono tanto belli quanto “leggeri”, quindi la mia caprese praticamente sa solo di origano, ma alla vista non posso lamentarmi. E se è vero che iniziamo a mangiare con gli occhi, diciamo pure che da queste parti inizi dagli occhi e con gli occhi finisci.

Ma dicevo che H-E-B per noi è un giusto compromesso di sapori e di costi, quindi non posso sempre lamentarmi. Tra l’altro, ho recentemente scoperto il prosciutto crudo tagliato a fette sottili sottili che si sciolgono in bocca e che costano praticamente come a casa. Assaggiandolo, mi sono sentita come Anton Ego quando mette in bocca la ratatouille cucinata da Remy…
Ma forse una spiegazione per questi prezzi popolari c’è. Da queste parti, infatti, gli insaccati non vanno a ruba, perché il Texano medio non apprezza la semplicità di una michetta con la mortadella, preferendo senza pensarci i tacos farciti di carne, peperoni, cipolle, fagioli e un arcobaleno di sapori da anestetizzare per settimane qualsiasi palato.
A riprova del fatto che gli insaccati qui non vengono capiti, mi è capitato di assaggiare in un ristorante italiano del luogo, un panino farcito con salame, capocollo, soppressata, mortadella e prosciutto. Tutti insieme, uno sopra l’altro, intervallati solo da qualche sfortunata foglia di lattuga e da parentesi bianche e rosse di provolone e pomodoro. Ovviamente, quando metti in bocca l’ultimo boccone ti chiedi cosa hai appena mangiato. Ma sei bello sazio, e questa per molti è già una risposta.

La carne, però, da queste parti non si batte. Sempre stando attenti alla giusta etichetta, che ti salva da additivi e ormoni, qui trovi tagli saporiti e in quantità come piacciono a me, venuta su a piatti fondi e “mangia, che sei magra magra”. Io a volte la cucino all’italiana, quindi leggera, aggiungendo gli odori che mi piacciono di più, come il rosmarino e la salvia, aggiungendo poi solo un filo d’olio extravergine a crudo. A volte, però, quando mi prende la bestia, prendo quel metro di costine di maiale, le inzuppo di senape e ketchup e poi le metto in forno aspettando che il calore faccia il resto. E con questa ammissione so che perderò qualche amico italiano…

Qui in Texas, parafrasando (e reinterpretando) Christian Grey, non si mangia: ci si abbuffa. Forte. E io sto al passo, ovviamente. Il mio frigorifero è pieno di salse che in Italia non avrei nemmeno degnato di uno sguardo, e perfino mangiarsi un sacchetto di patatine davanti a un film è diventato “preparo dei nachos con il formaggio e gli jalapenos”. A colazione spesso beviamo il Frappuccino, cioè un cappuccino freddo messo in un bicchiere grande quanto un boccale di birra, su cui adagiamo una nuvola di panna montata e un rivolo di cioccolato liquido.

Anche Leo non è da meno, e la sua merenda preferita ormai è il panino con il burro d’arachidi e la marmellata, la colazione dei campioni (di cattivo gusto), nonché un terrificante pappone alla cannella da scaldare al microonde a cui lui aggiunge cucchiaiate di burro d’arachidi (ancora) e pezzi di banana.

Risultato? Io ho almeno cinque chili in più e certe mattine non riesco nemmeno a vedermi le orecchie… Mi sa che la tisana sgonfiante non funziona.

2 risposte a "Speak as you eat"

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  1. Noi in Florida avevamo dei seri problemi con il cibo. Walmart ci attraeva e lasciava smarriti allo stesso tempo. Quando risalendo le Everglades abbiamo visto dei banchetti a bordo campo che vendevano la frutta, avevamo le lacrime agli occhi. In più il farmers erano cubani, per cui al parlare spagnolo siamo diventati subito hermanos e ci hanno pure regalato una papaya buonissima.

    I peccati dell’emigrante sono tutti perdonati: anche io mi scofano cose che a scriverle sul blog mi requisirebbero il passaporto. E mi bevo il cappuccino quando mi gira, senza badare alle lancette dell’orologio. 😉

    "Mi piace"

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