Quelli che stanno veramente bene qui, secondo me sono loro: gli americaliani. Hanno un cognome italiano, il doppio passaporto, lo stipendio americano e i sogni ben riposti in un cassetto in Italia.
Si godono la gentilezza e la buona educazione a stelle e strisce, ma sono capaci di freddarti con una sprezzante battuta sapientemente tradotta dal più feroce dei dialetti.
Guadagnano dollari, ma mettono via e accumulano euro, ché nella vita non si sa mai.
Amano gli americani, sono amichevoli con tutti, ma se c’è la voglia di una bella cena, di un buon vino e di qualche autentica risata, la compagnia che scelgono per condividere la tavola è rigorosamente tricolore.
Dulcis in fundo, lavorano e producono decisamente all’americana, vale a dire con rigore, puntualità e massimo rispetto, ma nel contempo riescono a mettere in atto quella spregiudicata creatività e quella – come dire – faccia da culo, che noi italiani siamo maestri nell’indossare ma che, all’interno dei nostri confini, non ci rende affatto speciali, anzi.
Io amo gli italiani che ho conosciuto qui e che si sono americanizzati, perché l’hanno fatto nel miglior modo possibile, vale a dire prendendo il meglio da questo grande Paese e mantenendo intatto quel non so che di speciale che abbiamo noi, gente dello stivale. Chi viene qui dall’Italia, se è intelligente, può solo migliorarsi, arricchirsi, ampliare vedute e pensiero. L’italiano medio, infatti, è furbo. Non parlo dei furbetti, parlo proprio di quella miscela equilibrata di buon senso e cinismo, pragmaticità e spirito di osservazione, che si traduce nel “sapersela cavare sempre”. Venendo qui, dove i confini sono chiari, le regole scritte nella pietra, il bianco è solo bianco e il nero è solo nero, l’italiano medio tira un sospiro di sollievo e pensa che la vita qui è proprio semplice.
E, per certi versi, lo è davvero. Gli americaliani, infatti, hanno un ottimo lavoro e anche un paracadute nel caso le cose non funzionino. Non vivono le ansie dell’assistenza medica privata e traditrice, perché alla mal parata sanno di poter tornare in Italia, dove lo Stato cura ricchi e poveri (quasi) senza distinzione.
Gli americaliani non si indebitano con cinque o sei carte di credito e mutui faraonici, non comprano un barbecue ogni sei mesi e non spendono migliaia di dollari in decorazioni per la casa ad ogni festività, perché non conoscono ancora il sogno americano, cioè quell’idea di arricchirti quasi senza fatica, ma conoscono il valore del lavoro, che anche se ben remunerato è comunque lavoro, quindi fatica e sacrificio. Per questo motivo apprezzano anche le vacanze (non come gli americani, che fanno pochi giorni all’anno) e non si negano mai la bellezza di tre belle settimane al mare, o in Italia, oppure on the road nelle meravigliose strade degli USA.
Gli americaliani hanno ottime conoscenze locali e sicuramente se devono andare a un festa, vanno dagli americani: ville con piscina, abiti eleganti, atmosfere a metà strada tra Dynasty e Beautiful, viste mozzafiato sulla Downtown. Ma se cercano amici, lo fanno nella semplice e caciarona comunità italiana. Se hai voglia di profondità, infatti, se ti va di metterti a nudo, di parlare del senso della vita o di come da bambino ti sentissi sempre un po’ fuori posto, meglio non farlo tra gli americani, perché è altissimo il rischio di metterli in imbarazzo e perderli per sempre. Gli americaliani lo sanno, quindi con i cugini a stelle e strisce parlano di vino e di Firenze, di lavoro e di quel lontano viaggio in Messico, di crociere e di cibo.
Mai discutere di sesso, soldi e politica con un americano, infatti, mi ha suggerito un amico quando sono arrivata in Texas. E cosa rimane da dirsi, ho pensato…
Per questo gli americaliani, se vogliono darci dentro con discorsi veri, che possono anche portare a far volare gli stracci, organizza una bella pizzata in qualche finto ristorante italiano o, meglio ancora, a casa di qualcuno, meglio ancora se sa cucinare la pizza. E’ vero, il rischio lite se hai amici italiani cresce esponenzialmente, perché noi italiani in genere siamo passionali, ci mettiamo in gioco, non siamo per niente diplomatici, diciamo la nostra anche quando sarebbe più saggio tacere e riempirsi la bocca con un pezzo di pane. Ma l’amicizia è anche questo, no? In amicizia a volte non ci si capisce, si fraintende, ci si sente traditi, ci si allontana e poi ci si ritrova e ci si vuole ancora più bene di prima. Tutto questo l’americaliano lo sa, e sa che ne vale la pena rischiare, mettere il cuore sul tavolo, innamorarsi di nuovi amici. Ben vengano, quindi, i party con gli americani simpatici, gli abbracci freddi, i “good to see you” che non hanno nessun fondamento, il divertimento un po’ formale e fine a se stesso, se però il tutto è intervallato da serate vere, incontri veri, chiacchiere vere.
Gli americaliani, quindi, ai miei occhi sono semi-dei, creature perfette, yin e yang. Vorrei poter scrivere che anche io sono un po’ americaliana, o che sono sulla via per diventarlo, come i miei amici trapiantati in Texas. Mi tradirei, se dicessi di esserlo. E lo ammetto con un certo rimpianto, perché ammiro profondamente chi è stato così capace di adattarsi, di piantare le sue radici nel terreno più arido e di trovare nutrimento e crescita. Invidio e stimo i miei amici americaliani, li osservo, li studio, gli chiedo come hanno fatto e cerco di imitare le loro strategie di adattamento. Ma forse c’è chi nasce stella alpina, e riesce a fiorire anche in mezzo a quattro rocce, ghiaccio e vento, e chi nasce geranio, e può crescere solo su un balcone, in un vaso, se qualcuno non si dimentica di dargli l’acqua, se non arriva la grandine e se non si fanno vivi quei vermi odiosi che poi si mangiano tutte le foglie. Ecco, ad oggi io mi vedo più come un geranio, ma non siate tristi per me. Ho anche io il mio bel perché…
Bentornata, col botto!! 👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻
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Grazie, cara 😘
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Una descrizione perfetta!! Brava!
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Wow! Una bella fotografia degli italo-americani..
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😊 grazie!
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Fantastico!!!
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Brava.
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Grazie Salvatore 😊
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Tu ne hai più di uno, di bel perché 😊😘
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😊 ma grazie 😊
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