
Si torna in Italia. Senza rimpianti e senza voltarsi indietro, ma non certo senza nostalgia e non senza aver amato tanto, anzi tantissimo, questi anni belli e dannati.
La gentilezza
Mi mancherà la gentilezza americana, ma soprattutto la gentilezza del Sud. Quel sorridersi e salutarsi, anche se oggettivamente priva di un reale interesse, addolcisce tanto le giornate e non costa davvero niente. Dovremmo imparare anche noi in Italia a sorriderci e salutarci di più, a regalarci pillole di gentilezza, a scambiarci complimenti, ricordarci che alla fine siamo al mondo per volerci bene, non per guardarci in cagnesco e farci le scarpe a vicenda.
Vestirsi alla ca**o
Non so come farò, a tornare a usare le scarpe, i pantaloni, le gonne, e non parliamo delle camice e delle giacche. Qui con gli shorts (a sfregio della cellulite) e gli infradito, mi sentivo elegantissima e sempre a posto. Il dress code qui ad Austin è: mollettone nei capelli, t-shirt delle squadre di football, pantaloni di qualsiasi colore, sneakers quando fa freddo e sandali quando fa caldo. Nessuno ti giudica per come ti vesti, o per come ti pettini. Nessuno commenta i tuoi chili in più. Ognuno va per la sua strada e, quando ci si incrocia, tutti vestiti come straccioni, ci si saluta e si passa oltre. Non oso pensare allo stesso outfit indossato a Milano. Ma lo indosserò. Giuro che lo farò.
Guidare alla ca**o
Le strade larghe e immense, i parcheggi fuori misura, le macchinone comode e solide, un traffico stradale tutto sommato ancora tollerabile…tutto questo non fa che provocare nell’automobilista medio una certa rilassatezza che sfocia quasi sempre in una guida tutt’altro che affidabile. Io non faccio eccezione. La mia guida texana ovviamente qui non genera grande sdegno, mentre quando guido a Milano divento oggetto delle peggiori minacce. E non posso neanche lamentarmi, perché me le merito tutte.
La vita comoda
Non è facile spiegare questo concetto…ma la vita in Texas viaggia davvero su ritmi blandi, da ritiro zen. Poco traffico, parcheggi sempre presenti, mai una fila da nessuna parte. Tutto è all’insegna del prego, prima lei. Tanto, che fretta abbiamo? Niente mezzi pubblici da aggredire, niente ora di punta (o quasi), ristoranti e locali mai troppo affollati. Sicuramente Austin non è New York, ma qui, nel cuore del sud texano, io ho imparato ad assaporare le giornate senza dannarmi più l’anima. Non sembra, ma molte delle cose di Milano che mi mandavano fuori di testa erano proprio la frustrazione di non poter andare al mare o al lago senza fare ore ferma in macchina, o di non trovare parcheggio sotto casa la sera per via del lavaggio strade. Piccole cose, forse, che però giorno dopo giorno inquinano la qualità della vita. Ecco, qui ad Austin, hakuna matata proprio.
Gli stipendi americani e le opportunità di lavoro
Inutile girarci intorno: i recruiter ti chiamano anche se non li cerchi tu. La mobilità professionale è vivacissima, rapida, incontenibile. Tutti cambiano lavoro alla ricerca di stipendi migliori. E li trovano. Ma attenzione: è vero, si guadagna di più, ma si spende anche di più… Sanità e istruzione incidono sul budget, le spese in generale sono alte, quindi non bisogna farsi confondere da cifre apparentemente molto più alte. Inoltre, il consumismo americano è più contagioso del Covid, e non c’è vaccino che tenga. Potete essere oculati e risparmiosi quanto volete, vi sfido a uscire da un centro commerciale ad Halloween senza un licantropo di due metri sotto braccio, da mettere in giardino accanto alle finte tombe, alle finte ragnatele e ai finti scheletri…
I tramonti texani
Lo so, amici milanesi, che sul Naviglio grande i colori del cielo in estate, all’ora di cena, si mischiano a quelli dell’acqua e costringono anche il più distratto dei passanti a fermarsi ad ammirarne le acrobazie. E lo so che dai nostri grattacieli la distesa di tetti rossi e cieli azzurri crea un miracolo cromatico fermato solo dal profilo impetuoso delle Alpi… Ma provate a viaggiare su queste strade texane enormi, magari col vento tra i capelli, sotto un cielo infinito che brucia all’interno delle sue stesse nuvole, con la facciata a specchi della downtown che fa rimbalzare un sole che sembra non voler tramontare mai. O anche, provate a sedervi sul patio con una birra in mano, finché il sole non è scomparso dietro l’ultimo filo d’erba, e osservate le scie delle nuvole giocare con una tavolozza di colori ogni giorno nuovi e sconosciuti... Insomma, io ho avuto le mie giornate no, da queste parti. Ma quel momento unico del tramonto, qui in Texas, ogni giorno è stato in grado di farmi dire Ma sì, dai…andrà meglio domani.
Le case grandi
Si torna ai 90 metri quadri della mia città e, soprattutto, a un bagno solo. Si torna agli spazi ridotti, ai rumori, alla vita di città. Addio case a due piani, dove a volte non sai nemmeno se gli altri membri della tua famiglia sono in casa oppure no, addio a “ognuno col suo bagno”, così non sei costretto a sorbirti il disordine altrui, addio alle cucine spaziose. Certo, torno nella casa dove ancora sento il rumore dei piccoli talloni di Leo mentre corre dalla sua camera con il camion dei pompieri in mano. Torno a quel profumo fatto di noi tre, della nostra biancheria e delle nostre lenzuola. Torno ai miei vicini di casa che sono come parenti. Insomma, casa nostra avrà i suoi limiti, ma niente che non possa essere un po’ migliorato con un buon architetto, l’impresa giusta e il bonus del 110%…
Le mie Soul Sisters
Capita anche dopo i 40 di incontrare delle persone che ti stanno bene addosso. Io le mie sorelle “per scelta” le ho trovate qui, ad Austin TX. Le ho trovate, le ho scelte, e loro hanno scelto me. Le ho tatuate sul mio cuore, sono parte di me e lo saranno anche quando ci dividerà un oceano, perché le sorelle non si perdono mai. Non avrò più le nostre uscite del giovedì, i weekend nella casa nella prateria, i compleanni pazzi…Ma rimarranno le lunghe chiacchierate, i commenti su cosa succede nel mondo, i sogni e le aspirazioni professionali, i sospiri che ci scambiamo pensando al futuro, l’amore per l’Italia e quello per gli USA, il nostro cuore sempre diviso, ma sempre più grande.
Insomma, il generoso Texas mi ha regalato davvero tanto. Mi ha raccolta che ero insicura e un po’ infelice e mi ha insegnato ad ascoltarmi, a sognare in grande, ad aprirmi con fiducia ai suoi orizzonti e a quelli della vita. Mi ha insegnato che non è mai finita, finché non lo decidi tu. Che tutto quello in cui credi ciecamente può sgretolarsi davanti ai tuoi occhi, e che nuove verità possono venir su dal niente. Mi ha insegnato che si cresce e si impara sempre, sia che tu abbia 13 anni, come li aveva Leo quando è arrivato qui, sia che tu ne abbia 42, come li avevo io. Mi ha insegnato ad essere umile, rispettosa e grata. Mi ha insegnato ad amare l’Italia, cosa che prima di lasciarla non ero in grado di fare. Mi ha fatto capire che la “casa” alla fine è un posto che ci portiamo sempre dietro, è l’amore per noi stessi e per chi incontriamo. La casa sono i nostri sogni, quelli che abbiamo e quelli che realizziamo. Sono gli insuccessi e la fatica. Insomma, la casa siamo noi, la casa è dentro di noi. Io porterò il Texas con me ovunque andrò, e spero di conservare a lungo la sua impronta infuocata, forte, ruvida. Spero, insomma, di non dimenticare mai quanto sono stata felice qui.
Ti ho seguito nei tuoi cinque anni in Texas, ti seguirò ancora se continuerai a scrivere anche dell’Italia. Ci ho messo un po’ di anni a riconciliarmi con l’Italia (avviso: riconciliazione parziale) e sono dovuta andarmene per riuscirci. Non è facile partire e non è facile tornare. Ma adesso hai qualcosa che prima non avevi, un’esperienza di vita diversa. Almeno adesso puoi dire di essere in Italia per scelta e non per destino. Brava!
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