
Stavo tornando a casa per stare con lui, mio papà.
Stavo lasciando la mia avventura americana per iniziarne una nuova, di figlia devota.
Chissà, forse a lui questa cosa non è piaciuta fino in fondo e ha deciso di lasciarmi prima che io salissi sull’aereo che mi riportava in Italia. Eh sì, mio papà è mancato 3 giorni prima della mia partenza, che io ho anticipato per poter essere presente almeno al suo funerale. Quello che non avrei mai voluto (ne ho scritto anche qui su queste pagine) è successo.
Insomma, lo sappiamo che è così. Vivendo all’estero è quasi scontato che capiti. Eppure, riflettevo, ci sconvolge il fatto di non riuscire a salutarli da vivi, come se questo pesasse più del non viverseli giorno per giorno. La cosa grave è non averli salutati o non aver vissuto accanto a loro i piccoli e grandi problemi, le visite mediche, le difficoltà, le cene della domenica, le passeggiate al mercato? Io mi sono interrogata per tanto tempo sul mio ruolo di figlia, su ciò che era giusto fare. Mi sono detta che un figlio o una figlia che si riavvicina ai genitori non fa altro che chiudere un cerchio, iniziato con i genitori che si sono occupati dei figli. Ho ripensato ai sacrifici fatti dalla mia famiglia, al loro indispensabile apporto nella prima parte della mia vita. E ho creduto fermamente che ora fosse il mio momento di restituire ciò che generosamente mi era stato regalato.
Ora che sono nella casa sul lago di mio papà, dove ogni cosa parla di lui, anche di questi anni vissuti senza di me, io sento solo la sua serenità e la sua gioia. Intorno a me vedo una vita piena. Non avverto una vita di assenza (la mia), ma di forte presenza (la sua). Vedo passioni, progetti, sento energia vitale. In questi anni in cui mio papà è stato uno di quei papà “con la figlia all’estero”, mentre io mi struggevo pensando se mi stessi comportando da egoista, mio papà viveva la sua vita tra le cose che amava, il suo orto, sua moglie, la sua casa, i suoi hobby. Affrontava la sua malattia con dignità e coraggio, pensando sempre a come aggirarla e superarla. Il suo cuore debole, insomma, batteva sempre molto forte.
Nei miei anni in Texas, io ho sempre pensato ai miei genitori come a due persone abbandonate, a una mamma e un papà fragili, ingiustamente lasciati soli. Il senso di colpa mi ha quasi logorata per tanto tempo. Scopro oggi, in mezzo a questi alberi di pesche e di cachi, che nel frattempo invece loro hanno vissuto non tanto come mamma e papà, ma come coppia unita, che si è costruita intorno un clima di amici, di fiducia, di risate, di cose da aggiustare, da comprare, da buttare. Insomma, un clima di vita. Stavano vivendo, e anche piuttosto bene. Perché non parliamo di mamma e papà, parliamo di persone, e le persone hanno una vita loro, autosufficiente, non per forza legata alle sorti dei figli. Non è facile fare questo salto culturale, soprattutto per noi Italiani (gli Americani ci riescono meglio), e il fatto di non poter essere con loro al pranzo della domenica ci sembra un po’ un’anomalia. Però io stessa sono un genitore. E se penso a me ottantenne e Leo trentenne, l’ultima cosa che vorrei è che lui tornasse dalle sue avventure intorno al mondo per vedermi invecchiare. Forse anche a mio papà quest’idea non è piaciuta molto, e infatti ha pensato bene di non farsi trovare…
Insomma, io ho sempre pensato al rapporto genitori – figli come un cerchio che si chiude, invece forse quel cerchio non si chiude mai: i genitori danno, i figli raccolgono. I genitori mettono le ali, i figli volano. Quel senso di colpa, quell’interrogarmi su “cosa ci faccio in qui in Texas mentre i miei invecchiano in Italia” forse non aveva tanto senso, perché ognuno di noi in realtà stava semplicemente vivendo la sua vita, seminando idee e progetti, raccogliendo gioie e dolori. Verosimilmente, anche a me capiterà la stessa cosa. Mio figlio vivrà i suoi sogni lontano da me e io sarò felice per lui, lo osserverò da lontano, soddisfatta di quelle ali che avrò passato a lui. Forse non c’è bisogno di vivere vicini per sentirsi vicini.
Mio papà si accontentava di sentirmi al telefono, anzi, di vedermi in videochiamata (Vera, guarda com’è bellina la nostra Anto…) e una volta messo giù il telefono, anziché struggersi della mia assenza, viveva la sua vita, raccoglieva i pomodori, si beveva un bicchiere di vino con sua moglie o con gli amici, guardava il suo amato lago, prendeva il sole nella sua veranda. Mio papà era molto legato alla sua famiglia: amava tanto sua moglie, i suoi figli, i suoi nipoti, ma l’amore che ci dava era un dono ad essere liberi, a vivere i nostri sogni senza frontiere. E io le frontiere le ho superate, grazie a lui e al passaporto mentale ed emotivo che mi ha regalato.
Oggi mi guardo intorno e non trovo solo un papà o un nonno: trovo un uomo buono, amato da tutti, un signore sorridente, ma a volte brusco, un pasticcione che perdeva cose, o che per aggiustarle le rompeva (mi sembra di sentire il suo “Ma porrrca miseria”…). Nel suo bagno ritrovo un uomo sempre ben rasato, pulito, con l’accappatoio che sa ancora di docciaschiuma. E’ soprattutto in giardino e nell’orto che lo ritrovo, nei suoi attrezzi, nei guanti da lavoro, nelle pesche cadute dall’albero, nelle ortensie di mia mamma, nella canna dell’acqua. Caro babbo, hai avuto una buona vita e mi mancherai da matti, perché essere tua figlia è stato un dono prezioso. Ma cerca di restare in zona, aiutaci a sorridere come sorridevi tu, aiutaci a dire “Ma lascia stare”, come dicevi tu, aiutaci ad amare la vita anche senza di te. Perché tu, la tua vita, l’hai amata sempre, anche se avevi una figlia lontana. Ciao babbo.
Sentite condoglianze per la perdita, beffardo il destino che è riuscito al 90’ a infilarti quel gol che temevi. Ma è meglio esserci adesso per tua madre che non esserci affatto. Meno male che sembri averla presa bene. Io evito di chiamare mio padre perché ha sempre più acciacchi e continuo a ripetermi che devo andare per approfittare della sua presenza finché ha “solo” questi. Per anni mi ha fregato facendomi credere che erano solo transitori, e solo di recente ho realizzato che non se ne è mai risolto neanche mezzo, anzi! Solo si accumulano e la situazione è destinata a peggiorare.
Questa estate i voli sono carissimi e io sento una 💩 a metterla sul prezzo quando in realtà i soldi si possono guadagnare di nuovo, ma l’orologio non va mica indietro…
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Grazie Isa. Eh, presa bene non saprei. Ma lui era un miracolo vivente, buttarsi giù ora sarebbe proprio un tradimento. Detto questo, sono le 4:20 e io non dormo.
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Ma sì, fanculo i soldi Isa. Prendi quel volo anche se costa, vai a fargli un saluto e goditelo, che la vita è una.
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Mi dispiace per la sua perdita. Spero che ti venga a trovare nei sogni, come fa mia mamma, così sembra ancora di viverli.
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Grazie. L’ho già visto una volta, spero che torni ancora…
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Ciao Anto, bentornata! Ovviamente, mi spiace per il tuo papà. Penso che tu abbia onorato lo spirito di vita del tuo papà e credo che riuscirai a vivere pienamente la vita, così come piaceva a lui e come mi sembra stia piacendo a te. A presto, un abbraccio forte. Daniele
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Purtroppo è una cosa che ho vissuto in prima persona 😞
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Perdere i genitori è un grande dolore che ti verrà a trovare sempre…Non si finisce mai d’essere figli e la mancanza è grave, pesante molto pesante… Mi dispiace per la tua perdita e ti capisco perchè io li ho persi entrambi .Buona Notte !
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