Last Christmas

Stavolta, è stata dura.
Dopo una settimana di aperitivi, cene, passeggiate, baci e abbracci, sono tornate le mascherine. Prima le chirurgiche, poi le FFP2. Sono tornati i divieti, le paure, i tamponi (ho speso più in farmacia che al ristorante), le contraddizioni. Tante, tante contraddizioni. L’Italia è il Paese delle regole, del tutto e il contrario di tutto, ora più che mai, e nel giro di ventidue giorni se ne sono sentite di tutti i colori: la quarantena per i positivi, per chi è stato a contatto con un positivo, per chi ha una dose, due dosi, tre dosi, zero dosi. Soprattutto, è cresciuto l’odio di chi si vaccina verso chi non si vuole vaccinare, è cresciuta la derisione di chi non si vaccina verso chi invece si è vaccinato. Il nostro Paese si è spaccato in due e non c’è modo di unire questa frattura, perché c’è anche chi la cavalca come la migliore delle occasioni per dividere, e comandare.

Con un po’ di cinismo statistico devo dire che questa ondata Omicron ad oggi non causa molti morti (certo, andiamolo a dire a quei 227 che ieri hanno seppellito un loro caro), ma il contagio è stato impressionante. E, ovviamente, ha colpito anche noi. Il nostro figlio pubescente, che da quando è iniziata la pandemia si crede invulnerabile, è caduto. 15 secondi in una narice, 15 secondi nell’altra, un paio di starnuti, gira, mischia e versa. Ed ecco quella doppia linea rossa, che non mi terrorizzava da quella famosa volta in cui, correva l’anno 2003, nel vederla (molto simile) ho esclamato qualcosa tipo “mannaggia la putt…”.

Ecco, pirla, vai in giro in metro, esci con gli amici, fai gli aperitivi in Porta Romana, ora hai il covid, chiuditi in camera e sparisci per 5 giorni. E isolare qualcuno in 90 metri quadrati, con un solo bagno, non è mica facile. Siamo stati bravi, abbiamo sparso alcol e disinfettante al punto che avremmo potuto fare interventi chirurgici a cuore aperto sul pavimento, ma le feste sono state irrimediabilmente rovinate. I nonni a quel punto erano banditi da ogni contatto, anche lontano, anche con doppia mascherina (che gli manca solo il covid, poveri), e quindi tutta la tristezza di non poter vivere pienamente la nostra vita, i nostri affetti, la nostra libertà, ha spento tutta la gioia di queste feste tanto attese.

In più, in caso di test positivo il giorno prima della ripartenza per Austin, anche il ritorno sarebbe stato compromesso. E il lavoro, la scuola, gli impegni, tutto a scatafascio. Quindi siamo stati isolati anche noi, guardando da una finestra la città terrorizzata, ma soprattutto arrabbiata, perché per un raffreddore non si può restare imprigionati come galeotti, non è questo ciò di cui ha bisogno un popolo stremato. E, lo ammetto, quando abbiamo fatto il tampone necessario per imbarcarci il giorno dopo sul volo per il Texas, quando ho letto sui nostri tre referti NEGATIVO NEGATIVO NEGATIVO, ho un po’ pianto di sollievo. Le persone in fila mi hanno guardata con sospetto, mentre il farmacista recitava prima e dopo di noi un bollettino di guerra di positivi.

Cosa rimane di queste feste così grottesche? Non poco, credetemi:

– colazioni, pranzi, cene dal sapore unico, semplice, che sa di casa, sempre
– l’odore che sento quando apro la porta di casa nostra, la casa in cui Leo è stato bambino, in cui io ho collezionato libri, ricordi, sospiri, in cui io e Robi abbiamo preso scelte importanti, in cui ci siamo amati e odiati
– le risate con mia mamma e mio papà, da tenersi la pancia per davvero
– i pochi momenti con mio fratello, che mi manca come l’aria ma che per fortuna c’è, anche da lontano
– le mie amiche e i miei amici, sempre lì, solidi, speciali, scelti col cuore ma anche con la testa, testimonianza vivente del fatto che finalmente mi amo e voglio accanto solo persone uniche
– i miei vicini di casa, una famiglia acquisita, e i profumi di cibo e di amore che sfuggono dalle loro porte, aperte sul pianerottolo.

L’Italia è la mia casa, e quando è ferita, inospitale, malata, lo è ancora di più. Quindi, anche stavolta, ho preso quel volo Lufthansa (a momenti lo perdo, in realtà) con le lacrime agli occhi e un grande senso di tristezza. Si ricomincia, gente. Che sia un anno buono, per tutti noi.

3 risposte a "Last Christmas"

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